Onorevoli Colleghi! - Anche se la vittimologia come ramo autonomo della disciplina criminologica è piuttosto risalente nel tempo, i problemi delle vittime dei reati sono stati a lungo trascurati, e questa sensazione di abbandono è stata acuita dalla progressiva concentrazione di attenzione verso la personalità e gli interessi dell'autore del reato e dal talora mortificante raffronto, specie per le vittime traumatizzate in massimo grado, con il dispendio di risorse ed energie provocato dalle varie forme di protezione previste a favore di «coloro che collaborano con la giustizia», dopo averla offesa.
      In questi ultimi anni, un efficace stimolo al riconoscimento della posizione della vittima come soggetto debole, meritevole di una particolare tutela giuridica sia nel sistema penale di diritto sostanziale che in quello di diritto processuale, è venuto da un intervento normativo a livello europeo, attuato con la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001 adottata dal Consiglio dell'Unione europea, che ha individuato uno standard minimo di diritti che ciascun Paese membro deve garantire alle vittime del reato, quali portatrici di istanze autonome cui ciascun ordinamento deve dare spazio e soddisfazione.
      Se per molti Paesi si è trattato di armonizzare e adeguare opzioni normative già accolte da tempo, sia pure senza un

 

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particolare coordinamento, per altri Paesi (come l'Italia) l'approccio europeo a tematiche di questo tipo ha costituito l'occasione di tentare un primo inquadramento del problema, elaborando e mettendo a punto un testo articolato di norme (alcune di carattere programmatico, altre più specifiche) che tenesse conto delle indicazioni desumibili dalla citata decisione quadro europea, così da realizzare un assetto istituzionale della materia all'interno di uno spazio giuridico comune. E ciò in quanto l'Italia ha adottato finora misure e forme di assistenza, sostegno e informazione solo a favore di alcune vittime «particolari» (terrorismo e criminalità organizzata), trascurando quasi del tutto - fatta eccezione per alcune iniziative di amministrazioni regionali (in Lombardia, in Emilia-Romagna, eccetera) - le vittime della criminalità comune verso le quali il Consiglio dell'Unione europea ha dettato invece prescrizioni da far valere per l'intera Unione.
      In attuazione delle conclusioni del Consiglio dell'Unione europea di Tampere del 1999, questa proposta di legge quadro intende in particolare rendere concreto ed effettivo il principio di non discriminazione fondato sulla nazionalità almeno per ciò che concerne alcuni aspetti fondamentali della tutela, quali l'informazione e l'assistenza, prevedendo poi per le vittime residenti all'interno dell'Unione europea l'applicazione di specifici istituti processuali, come l'esame testimoniale a distanza, attraverso il regime della videoconferenza (articoli 1 e 4, comma 2).
      Sulla falsariga dello schema tracciato dalla citata decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea, la proposta si muove in una triplice direzione, così da garantire alla persona offesa dal reato: da un lato, un'informazione il più possibile piena e capillare dei diritti che le spettano sia in sede giudiziaria che in sede amministrativa, predisponendo e allestendo appositi servizi e organismi in tale senso; dall'altro, un ampliamento delle sue facoltà all'interno del processo penale, riconoscendole una più attiva possibilità di partecipazione all'iter della intera vicenda giudiziaria; dall'altro lato, ancora, un'assistenza di natura economica in grado di alleviarne il disagio, nel caso in cui l'autore di determinati reati non sia stato identificato ovvero sussistano ragioni che rendano indispensabile, in assenza di altre fonti, un contributo equitativo al suo ristoro finanziario da parte dello Stato.
      Tra i compiti dello Stato, è stato introdotto un sistema di conciliazione tra le parti, vittima e reo, operando una valorizzazione degli strumenti necessari a promuovere la mediazione nell'ambito dei procedimenti penali per i reati ritenuti più idonei a sopportare questo tipo di intervento [(articolo 3, comma 3, lettera d)]. Tali possibilità alternative, peraltro, si inseriscono all'interno di una più ampia scelta razionalizzatrice dell'organizzazione giudiziaria, la cui parte esponenziale è oggi rappresentata dalla riforma del giudice unico di primo grado, dall'istituzione dei cosiddetti «tribunali metropolitani» dalla depenalizzazione dei reati minori e dall'attribuzione della competenza penale al giudice di pace: iniziative, queste, volte non solo a snellire il carico degli uffici giudiziari dal peso di una serie di processi riconducibili in larga parte al cosiddetto «diritto penale minimo», ma anche a favorire il reinserimento del reo nel circuito sociale, attraverso il consenso della vittima in un'ottica di riconciliazione tesa a ricomporre la cosiddetta «pace sociale».
      Come è agevole ricavare dalla lettura del testo, si intende elaborare una vera e propria «tavola dei diritti» delle vittime di tutti i reati, sull'esempio del Crime Victim's Bill of Right degli Stati Uniti del 1990, così da tutelare gli interessi della vittima in modo uniforme e generale, non limitati cioè alla sola fase processuale.
      Il primo problema da risolvere è parso in ogni caso quello di identificare i destinatari della disciplina, stante la non unitarietà del concetto di «vittima del reato» come modello di riferimento. A fronte della concezione classica della vittima identificata tout court come la «persona offesa dal reato», titolare del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice violata (bene che si postula leso o messo
 

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in pericolo dall'azione o dall'omissione del colpevole), cui il codice di rito del 1988 e le successive modifiche, ha riservato un autonomo spazio all'interno del libro I, si è ritenuto opportuno accogliere una nozione più estesa, coincidente tendenzialmente con la descrizione della persona danneggiata dal reato, incentrata sul riferimento alla titolarità di un interesse patrimoniale o non patrimoniale pregiudicato in via diretta e immediata dall'azione criminosa, facendo ricorso a parametri interpretativi già esistenti nei nostri codici, come la nozione di «prossimi congiunti» (articoli 307, quarto comma, del codice penale, e 90, comma 3, del codice di procedura penale) e quella fondata sulla convivenza more uxorio e sul vincolo dell'adozione, utilizzando le indicazioni fornite al riguardo dall'articolo 199 del codice di procedura penale sia pure al diverso fine di individuare alcuni dei soggetti che per i loro rapporti con l'imputato (o l'indagato) hanno facoltà di astenersi dal deporre.
      Attraverso la ricostruzione dei lineamenti della «vittima del reato», espressione che nella legislazione straniera sembra abbracciare sia il soggetto passivo che il danneggiato dal reato, con l'articolo 1 si è proceduto a enucleare una nozione ampia di «vittima», basata sul diretto collegamento dell'offeso al danno consistente nella lesione dell'interesse protetto, in modo da consentirne un'immediata identificazione e l'apprestamento di forme di tutela di natura pubblicistica, lasciando al danneggiato più generico di dimostrare di aver subìto un danno civile, non potendo farsi carico al pubblico ministero di indagare per accertare una qualità (quella di danneggiato in senso lato) che può essere presupposto di un'azione non officiosa da esperire secondo i canoni della domanda giudiziale civile.
      Un primo punto qualificante della proposta di legge è quello di predisporre un sistema adeguato e qualificato di informazione che, allo stato attuale, è garantito soltanto all'indagato, e in misura estremamente ridotta alla vittima. A tale fine viene predisposto un sistema di interventi quanto più possibile integrato, che mira a coinvolgere e a mobilitare l'insieme dei diversi attori istituzionali e privati interessati dal problema, centrali e locali, Ministeri ed enti locali, in modo da favorire una presa in conto concreta delle esigenze della vittima e di assicurare ad essa un aiuto efficace nella soluzione delle difficoltà incontrate e delle sofferenze subite.
      È indubbio che il sistema processuale italiano, ripensato con la riforma del 1988 e oggetto di successive modifiche, è stato connotato da una attenzione specifica alle esigenze della persona offesa dal reato, riservando ad essa spazi costituiti dall'attribuzione di facoltà e di diritti in ogni stadio della procedura, al punto da dedicare alla «persona offesa dal reato» un intero titolo, il VI del libro I, del codice di procedura penale, significativamente inserito tra quelli relativi ai «soggetti» del procedimento.
      La proposta di legge-quadro si prefigge di rafforzare e di ampliare queste garanzie soprattutto ai primissimi stadi in cui avviene il contatto tra la vittima e le istituzioni, evidenziando l'importanza del ruolo della persona offesa in quanto tale nelle varie fasi del processo penale, compresa quella esecutiva, attribuendole poteri di impulso, stimolo, collaborazione e controllo atti a far valere le proprie pretese di giustizia, contribuendo alla corretta impostazione dell'accusa, anche prima e indipendentemente dalla costituzione in giudizio come parte civile. In quest'ottica vengono suggerite alcune modifiche a norme del codice di rito, volte ad assicurare la partecipazione attiva della persona offesa dal reato al procedimento fin dalla fase delle indagini preliminari, mediante l'attribuzione di una serie di diritti e facoltà di particolare rilievo, anche a fini più squisitamente di tutela della sua incolumità personale.
      In quest'ottica si demanda al regolamento di attuazione il compito di verificare la formazione e la professionalità dei soggetti istituzionali abilitati all'attività di informazione (polizia, autorità giudiziaria e sportello), indicando alla vittima i percorsi
 

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da seguire, da quelli strettamente connessi all'iter giudiziario (presentazione della denuncia, modo di contattare un avvocato, costituzione di parte civile eccetera) a quelli di carattere più squisitamente sanitario e psicologico, fino a quelli attinenti all'assistenza più prettamente economica (modalità di accesso al Fondo di assistenza alle vittime dei reati eccetera).
      Il secondo aspetto qualificante della proposta di legge attiene alla previsione della istituzione di un Fondo di garanzia destinato a far ottenere alle vittime una riparazione che non possono ottenere per altre vie (articolo 6). A parte la scelta dei reati che consentono alle vittime l'accesso al Fondo - che è stata limitata ai reati di maggiore allarme sociale, di carattere doloso, contro la persona e l'incolumità pubblica, pur auspicando che in futuro si possa allargare la relativa area di operatività - si è ritenuto opportuno limitare il diritto di accesso solo a talune categorie di soggetti (persona offesa o determinati superstiti in caso di morte della persona offesa), suggerendo di fissare un limite massimo di riparazione e di circoscrivere la possibilità di ricorso al Fondo entro limiti estremamente rigorosi, così da evitare strumentalizzazioni e dispersioni di danaro, ancorando l'esercizio del relativo diritto a condizioni processualmente certe (una sentenza irrevocabile di condanna, un decreto di archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del crimine).

      Il terzo e ultimo aspetto qualificante della normativa proposta è l'istituzione di un organismo tecnico specializzato, il Comitato per l'assistenza e il sostegno delle vittime dei reati (articolo 8), non essendo apparso opportuno affidare agli organi istituzionali già esistenti compiti e attribuzioni che esigono una speciale sensibilità e preparazione al problema vittimologico. Il Comitato non deve limitarsi, infatti, ad accertare e ad applicare le norme concernenti la riparazione pecuniaria, ma deve svolgere altresì compiti propulsivi per assicurare la migliore assistenza alle vittime e la prevenzione, conducendo inchieste e ricerche, sviluppando ed estendendo i servizi di assistenza, sensibilizzando quelli già esistenti, ed elaborando le soluzioni più opportune al riguardo. A tale fine è apparso determinante il collegamento attraverso gli sportelli istituiti su tutto il territorio nazionale, così da realizzare un contatto diretto e immediato con le vittime in atto e potenziali.
 

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